“Le inchieste del Commissario Ferrante Martini: patente e libretto” di Mario Catania

“Le inchieste del Commissario Ferrante Martini: patente e libretto”
di Mario Catania
“Sicurezza” per me è sinonimo di “cultura”ma, purtroppo, specialmente in ambito sportivo, capita frequentemente di imbattersi in presuntuosi improvvisati. C’è chi si inventa sciatore, chi golfista, chi tennista, chi pilota, chi cavaliere od amazzone. Vi sono, tuttavia, discipline nelle quali l’improvvisazione puo’ causare danni non solo a se stessi, infortuni magari lievi una storta, una frattura al massimo ma dove, ahimé, la mancanza di cultura puo’ rappresentare uno spartiacque addirittura tra la vita e la morte. L’equitazione, soprattutto quella di campagna, puo’davvero diventare uno sport pericoloso per chi lo affronti senza la dovuta conoscenza e le dovute precauzioni e, sebbene intesa come passeggiata, come momento di svago e serenità, richiede una perfetta conoscenza delle tecniche proprie della cultura equestre unita ad una sinergia unica con il cavallo. Sarebbe arduo rappresentare ogni possibile situazione, tuttavia cerchero’ di farlo, articolo dopo articolo, in questa rubrica: oggi, pero’, vorrei davvero ricordare ad ogni cavaliere che decida di godersi una gita in compagnia del proprio amico o della propria amica che lo studiare, l’allenarsi, il prendere lezioni in campo e fuori non rappresentano una perdita di tempo ma l’unico modo per garantire la sicurezza propria e di coloro che incontriamo sulla nostra strada .
Mi collego, allora, all’atavico discorso che concerne “le patenti” non intese unicamente come blasone da sfoggiare con gli amici quanto piuttosto come garanzia per se stessi e per gli altri. Non neghiamo l’evidenza cercando di affermare che condurre un cavallo sia un’esperienza naturale e comune: puo’ esserlo per chi, come alcuni dei miei lettori vi sono praticamente cresciuti insieme ma per la maggior parte dei cavalieri rappresenta uno “sport” da praticare in campo ed in sicurezza piuttosto che, come storicamente è nato, un mezzo di spostamento con il quale accompagnarsi per strade, per boschi e foreste. Ecco, quindi, che, per chi come il Commissario ama invece sentirsi libero in compagnia del proprio amico o della propria amica magari a qualche kilometro dal maneggio, la garanzia di non imbattersi in sprovveduti che perdano facimente il controllo del proprio cavallo mettendo a repentaglio la nostra incolumità o che compiano manovre stupide ma pericolose per tutti diventa sinonimo di sicurezza. Insomma: patente come sinonimo di sicurezza, di consapevolezza che un cavaliere che possiamo incontrare da solo in un sentiero abbia le necessarie conoscenze per potere gestire situazioni basilari od anche piu’ complesse, in una parola “patente” intesa come regolamentazione. Certamente qualcuno mi criticherà asserendo che in questo modo si creerebbe un “businness” : forse si ma, forse, se un attestato divenisse obbligatorio e non rappresentasse piu’ un “lusso” od un “capriccio” anche il relativo costo scenderebbe.
Termino con un esempio che potrebbe sembrare sciocco ma che reputo non lo sia: anche per mettersi al volante di bolidi stradali da cinquecento cavalli occorrerebbe una qualche abilitazione particolare e parlo da ex pilota amatoriale ma con buona esperienza alle spalle. Conoscere la differenza tra un sottosterzo ed un sovrasterzo di potenza, sapere che il comportamento di una macchina a pieno carico è completamente diverso da quello che potrebbe avere avuto con il solo conducente a bordo, magari solo qualche ora prima, possono fare la differenza tra il passare indenne una curva ed un brutto incidente. Cultura, conoscenza, abilitazioni non fanno altro che aiutare ad evitare di mettere per strada presuntuosi incoscienti perchè, e questo lo ammetto, il folle puo’ sempre, purtroppo, esistere e l’incontrarlo, a quel punto è pura sfortuna o beffardo destino.