“Le Inchieste del Commissario Ferrante Martini: la sicurezza parte dalla mentalità” di Mario Catania

“Le Inchieste del Commissario Ferrante Martini: la sicurezza parte dalla mentalità”
di Mario Catania
A volte, parlando con cavalieri anche esperti, noto una sorta di avversione all’uso del casco, dei giubbotti e delle staffe di sicurezza quasi come se utilizzarli significasse mancare di rispetto al proprio cavallo credendo che lui o lei, prima o poi, ci possano tradire. Il paragone che mi viene alla mente,credo possa dipanare ogni dubbio a riguardo: potrebbe mai, mi chiedo, un padre tradire il proprio figlio magari durante una passeggiata in moto, al punto da cadere volontariamente o causare di proposito un incidente per fare del male al bambino? Beh…credo, pazzia umana a parte, proprio di no!…Eppure per il ragazzo vige l’obbligo del casco il quale obbligo non significa sfiducia verso il genitore che lo porta ma precauzione nella consapevolezza del fatto che tante cose, tanti imprevisti, possano accadere. Al giorno d’oggi proteggere la nostra testa con un casco è davvero il minimo che possiamo e dobbiamo fare e mi rivolgo, davvero, per primi agli istruttori: non fate passare il messaggio che stare scoperti faccia figo…perchè è esattamente l’opposto! Mi rendo perfettamente conto poi che, alcuni sistemi di sicurezza possano sembrare eccessivamente importanti o ingombranti ma lo scopo di questa rubrica e di queste prove, sta proprio nel riuscire a trovare il giusto equilibrio tra dovuta e necessaria libertà quando si è in sella e massima protezione.Nessuno vuole dire che non dobbiamo fidarci del nostro cavallo ma vorrei solo ricordare che lui, esattamente come noi, è un essere vivente il quale si puo’ spaventare, il quale puo’ inciampare del tutto involontariamente proprio come potrebbe fare un papà correndo e portando a spalle il proprio fanciullo. Qualcuno si ricorda il leggendario Capitano Caprilli?…Per certo uno che ha fatto la storia dell’equitazione e che sul cavallo sapeva stare: morto cadendo, al passo e battendo la testa…sa va sans dire.
Non avendo figli sto imparando dall’ esperienza della mia scuola di scrittura, Labor: abbiamo ragazzi di età che vanno dalle medie all’Università e mi accorgo come, molti, tendano a copiare atteggiamenti, vizi, abitudini vedendo il proprio insegnante come un punto di riferimento. Non creiamo, allora, una generazione di cavalieri convinti del fatto che “montare il proprio cavallo” significhi potersi permettere di non usare protezioni: Tutto sbagliato…come il titolo del mio ultimo libro! Un istruttore con casco, giubbotto airbag e staffe di sicurezza non è un pavido ma un professionista: questo, credo sia il messaggio da portare nel nome della sicurezza dei bambini che, spesso, non sono nelle condizioni di potere decidere su questi argomenti.
Qualche tempo fa venni superato in passeggiata da un’istruttrice con due allieve al seguito e dopo poco, trovai lei a terra con le ragazze che cercavano di gestire tre cavalli: non vorremmo mai che una simile situazione potesse ripetersi, ammetto che la ragazza avesse casco e corpetto…non airbag che, forse, tanto denigrato, avrebbe potuto attenuare la botta. Concludo questo articolo con il preludio al prossimo: la professionalità. Occorrerebbe forse una direttiva piu’ precisa soprattutto nell’ambito di coloro che sono classificati “tecnici” obbligandoli a certi comportamenti e certificandone la competenza poichè un incidente come quello che ho visto con i miei occhi, nei quali l’istruttrice è rimasta a terra, lontana dal maneggio lasciando le allieve in balia di tre cavalli avrebbe potuto, davvero, avere conseguenze di non poco conto anche per chi passava loro vicino.