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Riflessioni di un libero cavaliere
Home›Contenuti›Riflessioni di un libero cavaliere›“NON LO CONOSCO, MA MAGARI LO SO FARE” di Matteo Mazzato

“NON LO CONOSCO, MA MAGARI LO SO FARE” di Matteo Mazzato

By admin
27 Novembre 2020
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“Non lo conosco, ma magari lo so fare”.

Questa è una delle frasi più frequenti e ingenue che normalmente mi sento dire quando parlo di equitazione con persone che non hanno avuto un approccio, passatemi la licenza, “accademico” a quest’arte. C’è la strana convinzione, in questo variegato e fantasioso mondo, che l’approccio al Cavallo possa essere qualcosa di empirico, che non necessita di studio o di alcuna forma di conoscenza teorica come se tutto tra Cavallo e cavaliere avvenisse istintivamente, o al massimo guidato con poche indicazioni, dalla voce, fuori campo di un istruttore.

Perché “il mio istruttore mi dice cosa fare e io lo faccio” ma è sufficiente agire senza conoscere lo scopo di ogni singolo intervento, di dove ponga la sua efficacia l’azione di una redine o di una gamba, o del bacino, e aggiungo, nel momento in cui la cinetica del Cavallo si sta esprimendo in una data maniera piuttosto che in un’altra? Avete mai pensato che lo stesso intervento possa avere un’azione e un effetto diverso in base al momento in cui è eseguito? La mia formazione personale è tale per cui il mio processo mentale rifiuta categoricamente la possibilità di costruire un linguaggio comune tra cavaliere e Cavallo senza uno studio delle dinamiche dell’equitazione nel suo complesso e senza che questo linguaggio venga correttamente approfondito, “digerito” e fatto proprio attraverso la teoria e, necessariamente, attraverso la pratica.

Affidereste il vostro corpo a un medico che non conosce la medicina, ma magari “la sa fare”, perché qualcuno gli ha detto che si fa così?

Ecco, in equitazione è la stessa cosa. Come in ogni attività nella quale vogliamo misurarci non può esserci pratica senza teoria.

Per essere più chiaro farò un esempio.

Tralasciando altri elementi che sono coinvolti in una girata, come la gamba equestre e l’assetto, vi propongo la primissima cosa che mi viene in mente: La redine di apertura, la redine che coadiuvata dalla redine di appoggio viene coinvolta nella girata.

La redine di apertura, cioè quella che indica al cavallo la direzione della girata, viene spesso confusa con la redine che spiega al Cavallo di girare, la redine di appoggio, appunto. Sembra una sciocchezza ma se pensiamo che questo semplice e banale “qui pro quo” è responsabile di effetti collaterali che possono arrivare alle zoppie di mano (altrimenti dette di bocca), forse dovremmo fermarci e riflettere.

Inoltre, l’utilizzo della redine di apertura “per girare”, sovente, determina la sua trasformazione in una redine diretta, che prende quindi direttamente contatto con la bocca del cavallo. Se pensiamo che una redine diretta mal eseguita e senza un’impulso corretto blocca il posteriore corrispondente, il gioco è fatto. Stiamo commettendo un’azione contro la cinetica del cavallo e quindi lo stiamo mettendo in difficoltà se non addirittura compromettendo la sua salute.

Questo è determinato da una carenza nel processo che l’insegnamento dell’equitazione, al contrario, impone.

La padronanza della nomenclatura, l’approfondita conoscenza e la precisione nell’esecuzione di un singolo gesto, in equitazione è indispensabile. Il cavaliere che ambisce veramente a quest’arte dovrebbe assurgere ad una conoscenza tutt’altro superficiale. E lo studio approfondito dell’arte equestre non è che il primo passo per potervi accedere.

Inoltre una conoscenza teorica approfondita vi permetterà di valutare chi avete di fronte nel campo da lavoro. Sarete sicuramente più consapevoli di cosa cercate e quali istruttori e maestri meritano la vostra fiducia e stima, sarete in grado di apprezzare in maniera migliore i cavalli con i quali state collaborando e di valutare che livello di preparazione hanno, dandovi la possibilità di misurare i vostri interventi in maniera corretta e affine alle reali necessità del momento.

Insomma: la conoscenza (tecnica, etologica, biocinetica, storica,…) è solo la prima scelta che un cavaliere deve fare per trasformare in arte ciò che sta facendo.

Vi è poi l’utilità della pratica, della quale vi parlerò prossimamente. Perché anche per praticare è necessario avere le idee chiare

Un’interpretazione della redine di apertura da parte di Philippe Karl

Fonte Derive del Dressage Moderno, pag. 68

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