“IO NON SONO STUPIDO” di Nicola Todeschini

“IO NON SONO STUPIDO”
di Nicola Todeschini
Per alcuni, che di mestiere fanno anche gli istruttori, il cavallo è un animale stupido, e il tentativo dell’uomo di instaurare una relazione profonda poco più di una pratica da molli adolescenti.
Io non ho alcun autorità in argomento, solo una breve esperienza di sette anni con il mio primo ed unico cavallo, mi limito quindi a raccontarla con umiltà respingendo però l’idea che non sia possibile un legame profondo.
Un’episodio ieri mi ha sconcertato: mi avvicino al paddock per portare con me ulrich a prepararlo al nostro lavoro. Ormai ho un rituale assodato con lui: all’arrivo, mentre sono ancora in auto, abbasso il finestrino e lo saluto. Lui normalmente mi da le spalle ed è rivolto verso il suo confinante. Al mio saluto a volte si gira, a volte presta attenzione solo con il movimento di un orecchio, ma mi ascolta attentamente. Alcuni versi accompagnano il mio saluto, poi vado a cambiarmi e torno verso il paddock. Nel frattempo lui è risalito dal bosco e mi attende (non sempre) vicino alla porta: si attende però che io arrivi dimostrando la mia tranquillità, e mi ricorda che è uno stallone, che la sua attenzione è un regalo. Entro con rispetto nel paddock fecondo i miei versi di benvenuto e mi avvicino a lui sempre a 45 gradi, con rispetto, e lui si fa calzare la capezza e poi si lascia andare ad un saluto misurato, come nel suo stile, e senza alcuna esitazione mi segue generosamente.
Ebbene, ieri tutto è andato come da copione, mi attendeva a monte, vicino all’entrata, ma appena sono entrato si è rivolto dalla parte opposta, esitando nel rendersi disponibile, così ho respirato profondamente, nel dubbio di essermi posto con eccessiva “decisione” ma lui è rimasto rivolto dalla parte opposta, allora l’ho assecondato e avvicinandomi al suo muso ho notato che si protendeva verso il beverino. Ho atteso, con calma: allora lui ha infilato il muso nel beverino premendo con le labbra la leva che normalmente richiama l’acqua, che però non è uscita e il beverino è rimasto secco. Eseguita l’evidente dimostrazione del suo “problema” si è rivolto verso di me attendendo risposta: mi aveva indicato il suo bisogno, sono rimasto di stucco.
L’ho accarezzato, commosso per la fiducia e il suo tentativo di comunicare, lui si è fatto calzare senza esitazione la capezza e arrivato alla scuderie mi sono subito munito di un secchio pieno d’acqua e tornato verso di lui l’ho notato che mi guardava, con una delle sue mille straordinarie espressioni, soddisfatto, eccitato, capito. Ha bevuto due secchi di acqua, poi abbiamo lavorato in armonia, nonostante le mie difettose capacità, lui mi ha dato tutto, con la consueta generosità, non un’incomprensione, come due amici che si allenano, con fatica ma rispetto.
Ecco tutto, nessun miracolo, nessun “lallo” o discorso umanizzando il cavallo (come quelli che ci parlano con tanto si subordinate e congiuntivi), solo la ricerca continua di capire, cercare una relazione nel rispetto della sua natura, non perchè la migliore, ma la sua.
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