La lettera della domenica “È SOLO UN GENITORE”

La lettera della domenica
“È SOLO UN GENITORE”
Il mio punto di vista, dopo anni macinati in sella, è molto chiaro. Il mondo che gira intorno all’Equitazione si regge economicamente anche grazie ai pochi campioni che abbiamo, i campioni finanziano indirettamente le aziende, ma la nostra Federazione non si regge solo sui nostri campioni, si regge anche e soprattutto grazie alla base. È un riscontro talmente ovvio che non varrebbe neanche la pena commentarlo. Pensate se si dovesse guadagnare solo sui talenti…. sarebbero tutti falliti,dai centri ippici ai trasportatori, alla Fise stessa. Parliamoci chiaro: con un po’ di equilibrio e un briciolo di incoscienza, un Cavallo formidabile sotto il sedere e un istruttore di media qualità, fino alla 100 arrivano tutti, le gare pullulano di brevetti. Poi, si sale di categoria e i partecipanti si contano sulle dita di una mano. Pensate se questa fetta di mercato non esistesse, pensate se un genitore non stringesse la cinghia per una fida o una proprietà: le gare sarebbero deserte o quasi. Se ho potuto essere una proprietaria di due cavalli, se mi posso permettere di montare nel centro ippico di lusso, se posso ancora sperarci, lo devo solo ai soldi e in primis ai sacrifici di mio padre. Sacrifici che hanno foraggiato solo dispiaceri, disonesti e tanto dolore. Forse avrei preferito non li avesse fatti, ora avrei le ossa intere e meno dolore nel cuore. Non glielo dico però: ricordo ancora quando felice mi ha detto “ti compro il cavallo, so che lo desideri”. Per me, il sacrificio, rimane il regalo più bello che abbia mai ricevuto da mamma e papà e, nonostante tutto, ancora oggi lo vedo seduta in club house a farmi i video e a sperare che io rompa questo muro che mi impedisce di sbocciare. Se non ci fossero i genitori questo mondo sarebbe già seppellito, forse a volte penso sarebbe meglio così: l’equitazione, e non a caso scrivo di sport e non di rapporto con il cavallo, vive solo di un desiderio malato di affermazione, amare un cavallo è tutta altra storia. Ricordo ancora quando, prima di decidere tra le lacrime di vendere il mio primo cavallo, la mattina gli infilavo redini e testiera e lo portavo a piedi in campagna per farlo rilassare, fianco a fianco, per fargli capire che lui non doveva spaventarsi di nulla, che c’ero io accanto a lui. Quando qualcuno dice che chi non ha mai montato ed è “solo” un genitore non ha diritto di parlare, beh… provate a spiegargli cosa significa essere genitori in primis, di un amazzone o di un cavaliere. Chi non ha provato la sensazione di vedere un proprio figlio felice credo non capisca e dovrebbe, quanto meno, avere il buon gusto di stare in silenzio.
Soprattutto se sull’amore genitoriale, vergognosamente, ci campa.
Lettera firmata