“Io che la domenica sto con mia figlia e il suo Cavallo” di Atos Primicerio

“Io che la domenica sto con mia figlia e il suo Cavallo”
di Atos Primicerio
Dovrei ‘maledire’ questo Gruppo…. Mia figlia aveva smesso di montare quando aveva dodici anni. Quando si è imbattuta in questo Gruppo ha riscoperto l’amore per i cavalli, anche se in realtà non le era mai passato. Francesca compie tra pochi giorni ventisette anni, ventidue dei quali passati con i cavalli nel cuore. Il suo primo pupazzetto, appena nata gliel’ho comprato io ed era, ovviamente, un cavallino, con gli occhi fatti da due bottoni. Nella sua vita ha sempre e solo desiderato cavalli. Ha iniziato a montare in un maneggio di periferia, due volte alla settimana, faceva passeggiate. I restanti giorni li passavamo in giro per gli altri maneggi a distribuire carote. Mia moglie ha sempre avuto una paura enorme e a un certo punto le ha imposto di smettere di montare, con il mio assenso. Ad oggi, vi dico, che me ne sono pentito a vita. Perché l’abbiamo solo fatta soffrire: l’abbiamo così ferita che è arrivata al punto di vedere un cavallo e girarsi immediatamente dall’altra parte.
Tutto questo ci ha servito sul piatto d’argento la vendetta, perché è cresciuta con un senso di ribellione che, unito al suo carattere, è diventato un mix esplosivo: è indipendente e forte, molto determinata, per fortuna ha la testa sulle spalle e non ha mai fatto pasticci. Nessuno l’ha mai comandata o plasmata, è fatta così….”
Atos Primicerio, dovevi parlarci di te e di cavalli, e ti ritrovi a parlare di tua figlia Francesca. Qualcosa ci dice che sei un ippogenitore perfetto….
“Francesca ti dicevo, ha trovato la forza di entrare in questo mondo leggendo su UCIF: in meno di un anno ha lavorato, risparmiato, ha ripreso a montare, prima da un cavaliere importante e poi nel maneggio dove si trova ora. Mi ha aggiunto al Gruppo UCIF: mi è sempre piaciuto il Gruppo, perché è una realtà, una fotografia di quello che l’Equitazione è realmente, lontana dai grandi campioni. UCIF siamo realmente noi famiglie, noi papà e mamme, che facciamo sacrifici per permettere ai nostri figli di godersi questa passione che trovo sana, nonostante tutto”.
E poi è arrivato un cavallo….
“A marzo le ho regalato Pitù, che in poco tempo è diventato davvero la nostra gioia. Non pensavo si potesse ricevere tanto da un cavallo, non pensavo che si potesse diventare così complici. E non pensavo che mia figlia amasse così tanto questo mondo fin quando non l’ho vista con una stampella in una mano e una spazzola nell’altra, tenersi in piedi a fatica pur di spazzolare il suo Pitù. Lì ho capito che errore ho fatto a tarparle le ali, lì ho sperato di aver fatto in tempo a rimediare. E, in parte, devo ringraziare anche UCIF: se non avesse incontrato voi ora non sarebbe di nuovo a cavallo”.
Adesso, Atos parlaci di te.
“Io sono un papà come tanti. Nella vita sono un impiegato statale con due passioni, i motori e gli animali. Seguo il mondo delle auto storiche sin da quando ero bambino e, nonostante abbia anche la passione del ciclismo e della pesca subacquea, l’automobilismo è come l’Equitazione per mia figlia, quell’amore che non ti lascia mai. Sono innamorato delle auto storiche e ne possiedo una con la quale competo: me la regalò mio padre per i mie ventuno anni. Ha un grande valore affettivo, non me ne separerò mai: è una Fiat 127”.
La tua vita è cambiata ultimamente….
“Da marzo faccio anche il groom. Ormai, le mie domeniche le passò a pulire zoccoli e a ingrassare testiere. Ma va bene così: Francesca è felice e io mi godo il tempo con mia figlia”.
Atos, cosa pensi di questo nostro mondo equestre nel quale ti sei trovato improvvisamente catapultato?
“Cosa penso di questo mondo? Non posso darti una visione completa perché Francesca non è ancora agonista, ma mi sento di suddividere l’equitazione in tre realtà. Il dietro le quinte, fatto di allenamenti e complicità tra cavallo e, nel mio caso, amazzone, le coccole, i pomeriggi nella natura o quelli in cui piove e tutti noi in maneggio ci sediamo in corridoi a chiacchierare con il tè caldo. Questa credo sia la parte migliore: accompagno mia figlia a montare e le do una mano a sellare, la seguo negli allenamenti e vivo le gioie e le arrabbiature per un esercizio che non è riuscito o per un percorso andato male. Vedo lei e il suo cavallo lottare, è una sensazione indescrivibile, come quei due siano legati, come siano l’uno per l’altra. Questo è il bello, questo è il dietro le quinte. Poi ci sono le gare, che non conosco ancora a fondo ma delle quali non ho una buona impressione. Ci sono tanti giovani seri e validi, tanti sportivi veri, ma anche tante brutture e tanto poco rispetto per il cavallo. E poi ci sono le grandi gare, quelle in tv, che mi piacciono ancora meno perché le trovo demoralizzanti per i giovani. Mettono in mostra qualcosa che si può raggiungere solo con due mezzi, grande talento e successiva fuga dall’Italia e tanti soldi”.
Grazie Atos.
Ci sembra di vederti lì, alle prese con zoccoli e testiere.
Un ippogenitore perfetto, un groom certo, ma soprattutto un papà.