L’editoriale “La differenza” di Glauco L. S. Ricci

L’Editoriale
“LA DIFFERENZA”
di Glauco L.S. Ricci
Premessa. È morto un Uomo a Vejer della Frontera ed è morto mentre lavorava. Il suo lavoro era stare vicino ai Cavalli, accudirli, aiutare loro e i propri Cavalieri e Amazzoni a essere sempre pronti al momento giusto. Non ci sono classifiche delle morti e del dolore che comportano, mai. Per questo motivo, non ci interrogheremo sui motivi della tragedia e su come poteva essere evitata. I rischi fanno parte della nostra vita umana e lavorativa, non si possono in alcun modo eliminare del tutto ma è doveroso limitarli al minimo livello possibile. Se questo è stato fatto o meno, non è argomento di questo Editoriale. È difficile, sembra, nel nostro mondo equestre non strumentalizzare, ma noi lo faremo: riposa in pace, Vicente.
Svolgimento. Siamo rimasti a dir poco stupiti da un articolo, al solito scritto dall’autore con grande maestria e incomparabili capacità letterarie, apparso sui Social nelle ore seguenti alla tragedia spagnola. L’occasione, spiace dirlo, di una specie di resa dei conti con tutta quella comunità fatta di ignoranti dell’Equitazione che si permette di scandalizzarsi quando un Cavallo muore in concorso e non usa le stesse emozioni per la morte di un uomo in concorso. Vogliamo non credere che l’autore si riferisse a Ucif e ai suoi partner per il benessere animale, anche se i peana che si sono levati da una certa parte, sempre la stessa del mondo equestre, l’elite esperta, ci fanno davvero ipotizzare questo indirizzo.
È per questo che vorremmo puntualizzare alcuni aspetti che forse sfuggono ai più.
Forse voi non eravate a Manerbio e a Tortona, citiamo solo i casi più recenti, quando due Cavalli impegnati con le loro giovani Amazzoni in gara sono stramazzati al suolo e lì sono rimasti prima che un trattore li trascinasse fuori dal campo affinché le gare proseguissero, con tanto di premiazione finale.
Forse non avete visto la disperazione degli sfortunati protagonisti, le Famiglie coinvolte, e dei loro amici e conoscenti: eppure la gara è proseguita, si trattava anche di un problema economico legato alle iscrizioni, ci hanno detto. I Cavalli non sono morti in un box del concorso (tranquillizzatevi, avremmo chiesto lo stesso la sospensione), sono morti sul campo, in gara.
Un uomo ha forse meno diritto delle nostre attenzioni? Certo che no e lo abbiamo dimostrato in tempi non sospetti, a Gorla Minore durante passati Campionati Italiani, quando morì un groom e le gare andarono avanti tranquillamente, forse vennero messe a mezz’asta le bandiere, non ricordiamo.
Ci scandalizzammo, anche allora, così tanto che gli stessi protagonisti ci chiesero di silenziare la nostra protesta in rispetto della morte di un uomo.
In realtà, l’articolo di reprimenda andrebbe rovesciato: cosa ha fatto il mondo equestre questa volta? Si è comportato nello stesso modo dei tragici fatti precedenti, bandiera a mezz’asta e il circo continua. Ci viene in mente un solo caso nel quale il lutto è stato davvero manifesto: Hickstead a Verona, unico.
Ma in tutto questo contro-editoriale c’è un solo messaggio che vorremmo davvero far passare: c’è una differenza, sostanziale.
Per chi, come noi, adora gli Animali e li considera, tutti, Animali d’affezione non appena condividono le nostre vite, umane e sportive, la morte di un Cavallo in gara, in un posto dove non ha chiesto di essere, al nostro servizio, per assecondare il nostro piacere agonistico, ha un che di ingiustificabile e inaccettabile.
Leggeteci bene: non stiamo dicendo che accettiamo la morte di Vicente, anzi, ci addolora, immensamente.
Ma se le nostre reazioni sono infinitamente più enfatizzate quando perde la vita un Cavallo in competizione, un motivo c’è e non è legato alla nostra ignoranza e alla nostra voglia di apparire (….) e di trovare del marcio ovunque (non c’è bisogno di cercare, sembrano dirci le ultime cronache).
Ci è stato dato da Qualcuno un compito molto importante: quello di prenderci cura delle altre creature viventi. Non dimentichiamocelo, mai.
Un abbraccio, Umberto.